Paolo, d'eroi borghesi onor famoso

Autore: Tronsarelli, Ottavio

Il fonte Alsietino

Paolo, d'eroi Borghesi onor famoso,
con man di pace ogni discordia doma,
su 'l tergo al Vaticano imperioso
cingea di fasce d'or la sacra chioma,
e d'alte moli ergea pregio fastoso 5
intento a rinovar l'antica Roma,
sì ch'in cielo, a mirar pompe sì belle,
non più viste traea lucide stelle.

Quando del Fonte Alsietin lo dio,
cui Roma un tempo tributario accolse, 10
poi tra pugne d'orror con fato rio
stuol di barbara gente indi il ritolse,
ne l'antro, ond'ha principio il suo gran Rio,
più che mai de' suoi danni egro si dolse;
indi con lingua tremola d'argento 15
fé mormorare a tai querele il vento:

«Dunque più non sarà, ch'io chiaro, e mondo,
offra a i colli romani il mio tesoro
or che da sconosciuto ignobil fondo
porgo, non come pria, grato il ristoro? 20
Né fia ch'il cielo, a' miei desir secondo,
mi rattempri del cor l'aspro martoro,
sì che raccolto in region sì vaga,
ove il colpo soffrii, sani la piaga?

Avvezzo a vagheggiar moli superbe, 25
anfiteatri ch'han per meta il cielo,
miro sol piante incolte, e steril'erbe,
languidi fiori sovra inciso stelo,
quasi in me vibri con punture acerbe
ogni or più crudo la Fortuna il telo. 30
Ah, che vissi innocente, e ancor si vede
ne le pure onde mie pura la fede.

E pur avvien ch'io mi ravvolga incerto
di me medesmo a questi sassi intorno,
e sia l'essiglio mio premio del merto, 35
che tronca ogni speranza al mio ritorno.
Ben sarà l'innocenza in me demerto
se, qual ombra, qual nulla io qui soggiorno;
ma (folle!) in vano del mio duol ragiono,
che ben nulla prov'io, se nulla io sono. 40

Corro, o poso, che fo? deh, se riposo,
perch'al cor mi trascorre alto desio?
E se corro, nel duol perché mi poso,
e più grave del corso è 'l posar mio?
Onde posto in fra due non so, dubbioso, 45
se posi o corra il mio sprezzato rio.
Posa no, che non posa egro mal nato;
e corre no, ch'io correrei beato.

Non più ignoto ad altrui n'andrei felice,
ove superba e formidabil Roma 50
inalzi a par del ciel trionfatrice
cinta d'allor l'imperiosa chioma;
ch'in te solo bram'io (se pur mi lice)
versar de l'acque mie l'umida soma:
ed al ciel chieggio ch'i tuoi sette monti 55
sien di mia stabil gioia uniche fonti.

Ma dove sono, e come (ahi lasso!) fingo
di trionfar su le romane soglie?
Ah, che me stesso per mio duol lusingo,
e provo nel mio rivo un mar di doglie; 60
mentito è 'l ben ch'a gli occhi miei dipingo,
flebil favola a me de le mie voglie».
Ciò seco, e, a Roma ripensando intento,
ministrava materia al suo tormento.

Tacea dolente, e pur loquace in lui 65
ragionava il silenzio co i martiri,
e vivi si scorgean ne' pallor sui
formar note di doglie anco i desiri;
che facondi oratori hanno fra nui
lingua i moti tal or, voce i sospiri, 70
e per gli occhi tal or, pe 'l ciglio fuore
parla distinto, e si palesa il core.

Tal, sospirando, co i desir ragiona,
e ne' moti de gli occhi il duol risponde,
anzi in più chiare note ivi risuona, 75
s'entro raccolto il suo martir confonde;
che l'affanno, qual or più s'imprigiona,
vago di libertà meno s'asconde.
Quand'ecco fuor de l'antro il Nume move,
e mira d'alta industria ultime prove. 80

Che per opra di Paolo, al cui sostegno
posa la terra, ver le stelle alzati
sorgean nuov'archi, e del gran pondo in segno
gemeano stanchi a tanta mole i prati.
Lieto avvisò che termine a lo sdegno 85
avean prescritto avventurosi i Fati;
che fin là dove Roma inalza il tergo,
giungea de le chius'onde il molle albergo.

Volea render al ciel dovuti onori,
ma 'l gran contento gl'involò gli accenti; 90
pur fia co 'l cor, che tacito l'adori,
e gli occhi inalzi, a riverirlo intenti,
quando, al gioir di lui, gioiro i fiori,
mossero intorno le lor danze i venti,
e 'n lingua di cristal l'onde vivaci 95
doppiaro a l'erbe dolcemente i baci.

Indi là 've in suo onor la mole s'alza
ed il richiama a gl'interrotti uffici,
egli sovra di sé gonfio s'inalza,
vago di riveder nuove pendici. 100
Con cristallino piede entro s'avanza
e preme alberghi a le sue voglie amici.
Meraviglie inaudite: erge dal suolo
l'acqua il piè grave, e tratta l'aria a volo.

Sovr'ogni alta de' campi antica pianta 105
vaga sorge, e le nubi ha per confine;
anzi di nube in vece ella si vanta
ministrar fin a l'Iride le brine,
e con mole, onde d'ombre il suol ammanta,
par che minacci al ciel nuove ruine. 110
Tali in Flegra superbe, e torreggianti
erser le moli lor fieri Giganti.

Trionfa ella su gli archi alta e sublime
e seco ha i segni e la vittoria impressa,
che, quant'archi nel suol stabile imprime, 115
altrettanti trionfi alza a sé stessa;
ivi gode ristretta, e in su le cime
de' suoi concavi monti al ciel s'appressa.
Poi, di Paolo in mirare il gran lavoro,
forma in lingua d'argento accenti d'oro: 120

«Pur giunto è 'l fin ch'a miglior vie rivolto
la città veggia, ov'albergar gli dei,
e tributario anch'io con lieto volto
l'offra prodigo il don de' tesor miei.
Goda pur fra le stelle il Po raccolto, 125
ch'i fregi del mio onor non cangierei
con l'eterne del ciel ricche fiammelle,
ch'anco Roma ha 'l suo polo e le sue stelle.

Il Po là su tra pompe eccelse e belle
move, ondeggiando, lucidi tesori; 130
io qui con fogge placide e novelle
verso di perle preziosi umori.
Have il Po su nel ciel fiorite stelle,
io nudrisco nel suol stellati fiori:
ma dove un Paradiso egli feconda, 135
io cento Paradisi apro con l'onda.

Già d'Augusto seguii (lasso) gl'imperi,
ed acque trassi fuor de l'urna immonde;
or pronto, in esseguir cenni più alteri,
sotto Augusto miglior migliori ho l'onde, 140
e più chiari a te Paolo i miei pensieri
scopro dal sen de l'acque mie profonde.
Mirabil Regnator, fin l'onde impure
cangiano a' cenni tuoi tempre e nature.

E ben gran Regnator, cui 'l mondo inchina, 145
tratti del Re del mondo anco gli uffici.
E, s'a Cibele già del suol Reina
i Camilli apprestaro i sagrifici,
a te, saggio Camillo, il ciel destina
cure più gloriose e più felici; 150
ch'ove quei riverir la dea del suolo,
tu commune hai con Dio la terra, e 'l polo.

Già fu di Piero memorando il fato,
ed a' gran merti arrise il ciel secondo,
che cinque lustri successor beato 155
trattò di Cristo il glorioso pondo;
tal, Paolo, a te per tuo valor sia dato
con lunga età di sostenere il mondo,
che, se ben miro, pareggiar di Piero
altri, che Paolo, non dovria l'impero». 160

Più disse, e lieto a quella vista intanto
fecondava il terren l'arido grembo.
Qui di rubini avea la rosa il manto,
e là 'l giglio intessea d'argento il lembo;
qui, rinovando a Venere il suo pianto, 165
scioglieasi Adone in amoroso nembo;
là con lingue natie di vivo foco
gli onor di Paolo celebrava il croco.

Ivi odorato il pin, qua 'l mirto ombroso
su 'l margine del Rio lieto mostrossi, 170
e figlio de le selve alto, e famoso
l'alno con cento braccia al ciel voltossi,
d'eccelse mete emulator fastoso
quindi il cipresso ver le stelle alzossi,
e al chiaro suon de' liquidi cristalli 175
frondosi danzatori ordiro i balli.

Move a tal gioia i piè fuor de le sponde,
per vagheggiare i campi, il Nume altero,
e con l'umido vomere de l'onde
apre tra l'erbe liquido sentiero; 180
e co' scherzi, che vago oltre diffonde,
ivi industre appresenta agil nocchiero,
e 'l prato solca con alata trave
a sé stesso nocchier, pelago e nave.

Qui d'acque figurando algente rocca, 185
che chiuda in grembo procellosi lampi,
mentre fuori del sen folgora e scocca,
par d'ondosa tempesta il cielo avvampi.
Schiera di raggi, che sonora fiocca,
sorge a turbar de l'aria i queti campi, 190
e godon l'acque fuor de' freddi seni
disperger tuoni, ed avventar baleni.

Là dal sol ripercosso aurei colori
spiega d'Iride in vece il Rivo al cielo,
e con mentiti rai gli alti splendori 195
sembra emular del Regnator di Delo.
Spiran l'onde con arte accesi ardori,
che d'ostro spargon l'argentato velo,
e al sole opposte con industre gioco
chiudon ne' ghiacci suoi spere di foco. 200

Qua con occulto suon fatte spiranti
muovon a prova dilettoso accento,
e tra concavi piombi a l'aure erranti
fan d'interna armonia dotto concento.
In risonar de le sue glorie i vanti, 205
a sé 'l Fonte è di sé mano e stromento,
e tal si varia in questo lato, e 'n quello,
ch'è de' campi latin Proteo novello.

Ma di là, donde libero scorrea,
ritornando, ove il ciel la via destina, 210
giunge al fin dove Roma i colli ergea:
Roma, ch'a par del sol regna e confina.
Poi, fuor sgorgando, qual a nobil dea,
supplice a lei con l'onde sue s'inchina.
Città beata, poiché l'onda ancora 215
chinando al pian, nel suo chinar, l'adora.

Anzi su 'l giogo, che de l'oro ha 'l nome,
erge il Nume superbo alta la fronte,
e sembra che di nubi il capo inchiome,
tant'alto al ciel gli fa colonna il monte. 220
Versa da l'urna fuor gravide some
di molli argenti strepitoso il Fonte,
e al suon de l'onda, che dintorno geme,
tuona il ciel, mugge il monte, e l'aria freme.

Tal, se da rupi cavernose uscito, 225
ov'a i raggi del sole arde Siene,
austro de' mari scotitore ardito
su i regni ondosi a infuriar se 'n viene,
e, monti d'acque ravvolgendo al lito,
fa dal lor fondo imperversar l'arene, 230
tempesta l'Ocean, Calpe risuona,
il Ciel si scote, e l'Universo introna.

Da manca lampeggiò fausto un baleno,
quand'a gli occhi di lui Roma s'offrio,
e al lieto folgorar, nel curvo seno, 235
tonò per gioia e rimbombonne il Rio.
Sol per Roma mirar, cent'occhi a pieno
aprì ne' giri suoi l'algente dio,
e riconobbe a la superna face,
ch'esser dovea trionfator di pace. 240

Poscia tra sé dicea: «Sott'altre scorte
altri stampi ne l'onde umido solco,
e, fendendo l'Egeo, seno di morte,
avido giunga di tesori in Colco.
Quegli ebbe amica, i' serva ho la mia sorte; 245
quegli i mari solcò, la terra io solco;
quegli involò d'un vello d'or le prede,
ed io d'un monte d'or son fatto erede.

Su questo giogo, che di Giano ha 'l nome,
aquila sconosciuta e peregrina, 250
a Tarquinio scendendo in su le chiome,
fu del regno Latin nunzia divina.
Or aquila miglior di miglior some
più glorioso pondo a me destina:
quegli ebbe un regno, ed io mi godo altero 255
coronato di regni un vasto impero».

Quando vide su 'l monte eretta in alto
mole animar per lui forme novelle,
e, quasi al cielo minacciando assalto,
varcar le nubi e sorvolar stelle, 260
divien per istupor gelido smalto,
né fia ch'a tal veduta oltre favelle;
ma, per mirar più intento opra sublime,
entro cinque urne il corso suo reprime.

In cima a l'opra è 'l sacrosanto stelo, 265
che produsse al Signor frutti di doglie,
di salute tesor, pompa del cielo,
segno, ove in pace ogni virtù s'accoglie.
E qual fiammeggia il Regnator di Delo
all'or che apre a la luce auree le soglie, 270
tal vibra accesa in tremolo lavoro
baleni di splendor la Croce d'oro.

Fissa a piè de la Croce in alto regna
del Monarca latin l'augusta impresa.
Aquila v'è, già de' Romani insegna, 275
ch'a i nemici recò dura contesa,
per cui Pirro si diede a fuga indegna,
ed Annibal sofferse ultima offesa;
or diletti di pace a l'alme spira,
e chi pria l'aborriva, ora l'ammira. 280

Nel giro istesso, ma qual servo a' piedi
de l'alata Reina, havvi orgoglioso
spirante drago, che, se 'l ver richiedi,
sta d'ozio impaziente, e di riposo;
anzi, s'a gli atti de le ciglia credi, 285
volge in torbidi giri occhio sdegnoso,
grave le squame inaspra, e non s'arretra,
e, per fiero parer, crudo s'impietra.

Da i lati assiston due celesti Amori,
d'immortal Fabro imagini superne, 290
e, di Paolo in veder gli aurei splendori,
godon nate a la luce anime eterne.
Porgon taciti a lui dovuti onori
e forman voci, a riverirlo, interne.
Parlerian, ma se 'l ver finger si suole, 295
non dee spirto del ciel formar parole.

Scorgonsi poi d'alati alte Reine
star due aquile al sol fise con gli occhi,
e, quasi 'l ciel suoi strali a lor destine,
par ciascuna che folgori e che scocchi. 300
Stupido il Nume le rimira, e al fine
sembra per gioia fuor di sé trabocchi;
che, se la terra e 'l ciel Paolo sostiene,
a due imperi doppia aquila conviene.

Fermi ha ciascuna i piè, stabil le piume, 305
non già quasi tra l'acque il nido accoglia,
o tra l'aspre del Rio perpetue brume
tempri accesa dal sol l'arida voglia;
ma veggendo che novo altero fiume
in liquefatte perle si discioglia, 310
divien, nel rimirar sì vago errore,
simulacro insensibil di stupore.

Già due aquile d'or vaghe e pompose
folle idolatra con mentito onore
Delfo a Giove inalzò, perch'ivi pose 315
il centro de la terra il gran Motore.
Ma di candor doppia aquila ripose
qui con pregio miglior sovran Signore.
Delfo al mondo fu contro: e, se 'l ver miro,
Roma de l'universo è centro e giro. 320

Miransi sotto lor draghi minori
del gran Monarca riverita impresa,
che sdegnan mansueti ire e rigori,
né qui la luce han di lor tosco accesa;
ma ciascun sotto marmo i suoi furori 325
chiude nato a la pace, a la difesa;
e, cangiando per lui voglia e natura,
lo spirto ha mite, se la spoglia ha dura.

Stan fra i draghi e gli augei note vivaci,
fide appresentatrici a noi del vero, 330
de' muti sensi interpreti veraci,
imagini animate del pensiero.
Anzi d'industre man forme loquaci,
che palesan di Paolo il vanto altero.
A tacito silenzio è voce unita, 335
e spira il morto suono aure di vita.

Con maestrevol pregio eretta in alto
ha sei colonne la fastosa mole:
due Natura n'ornò di bianco smalto,
quattro fregionne a rosse macchie il Sole. 340
Torreggiano superbe e 'n van l'assalto
lor move d'Eolo l'animosa prole;
che, s'altre terminar l'onde marine,
queste han l'eternità per lor confine.

Sei capitelli a le colonne uniti 345
fanno in vago lavor mostra perfetta,
ove par l'arte il ver sì bene imiti,
ch'a vagheggiarli i riguardanti alletta,
in cui pendon di frutta inteste viti
ch'a raccorle, la man pronta s'affretta; 350
e ondeggieriano instabili e cadenti,
se lo scarpello vi formava i venti.

Sotto cinque archi in rapido volume
l'onda il suo corso per più vie disserra,
e par ch'a Roma minaccioso il Nume 355
con essercito d'acque apporti guerra.
Apparve in rio, ma dilatossi in fiume,
che più d'un rivo nel suo rio riserra;
anzi, mentre da l'urna il piè discioglie,
entro d'un seno più d'un fiume accoglie. 360

lvi due draghi (e tai su l'arse arene
del Mauro suol minacciano le stelle)
d'occulta morte gravide le vene
volgon le luci spaventose e felle.
Turban del chiaro dì l'aure serene, 365
e muovon d'ire e d'onde atre procelle;
e 'l suon de l'acqua lor, che cade in laghi,
mormorio sembra, e sibilo è de' draghi.

O di superbo Fonte alte venture,
o di gran Nume glorioso fato, 370
non so se sotto miglior anni o pure
sott'eroe più magnanimo rinato,
volgi, deh volgi omai l'onde sicure,
né paventar che turbi altri il tuo stato,
che, s'un drago guardò le poma d'oro, 375
custodiscon più draghi il tuo tesoro.

In tal guisa di sé pompa gradita
mostra 'l ricco lavoro, ed è sì vago
ch'infondendo a le pietre anco la vita,
fa ch'i pregi del ver vinca l'imago. 380
Indi accintosi il Nume a la partita
lascia le conche, ove stagnava in lago,
e a Paolo volto, nel partir, pur s'ode,
mormorando, formar voci di lode:

«Già fu chi d'archi e di teatri alteri 385
adornò Roma, alta magion de' regi,
pur, o Paolo, avverrà, ch'egli non speri
superar di tue moli e l'opre e i fregi;
che, se quegli uguagliando opre a pensieri,
senz'emol visse ne' fastosi pregi, 390
e tu a gli emoli tuoi con prove estreme
togli di pareggiarti anco la speme?

Tal che la fama omai per te s'attrista,
ch'ella, in parlar, né meno adombri il vero
ch'a l'opre tue non è confin la vista, 395
ed a pena l'è termine il pensiero.
A gli alti spazi, ch'ogni mole acquista,
apre ristretto omai l'aria il sentiero;
e sì l'opere al ciel poggian vicine,
che commun con le stelle hanno il confine. 400

Per te dal cener suo nova fenice
Roma già sorge, e d'uomini feconda,
anzi di semidei madre e nudrice
più d'una Roma entro di Roma abonda.
Onde, s'ora n'avvien ch'ella felice 405
con la fama i confin per te diffonda,
cinga la terra un ocean secondo:
poiché s'accrescon novi mondi al mondo.

Fenda pur l'acque fortunata prora
di felice Colombo, e disunita 410
da noi, dove i suoi rai Febo scolora,
trovi d'altro ocean piaggia infinita.
Più di que' mondi 'l pregio or non s'onora,
sol, Paolo, i mondi tuoi la fama addita;
e maggiori al tuo nome erge i trofei, 415
che 'l Colombo iscoprilli, e tu li crei.

Ne men di sì gran zio nepote altero
Scipio con la sua fama oltre s'avanza,
e tra noi sceso dal sovrano impero
è di secol miglior viva speranza. 420
Egli ha pari a le forze alto pensiero,
ed eguale a i pensieri alta possanza,
e, mentr'il merto gli onor suoi gli arroga,
mostra ch'i Scipioni anco ha la toga.

Co 'l sostegno di lui regge il gran zio 425
del Vatican la poderosa mole;
l'un ne l'opra è la man, l'altro il desio,
ed ha gemino Padre una sol prole.
Né coppia che di par natura unio
mirò dal ciel più gloriosa il sole, 430
ond'in cui posi il sacrosanto pondo,
ha quinci Atlante e quindi Alcide il mondo.

Ma da gravi del zio cure severe
s'egli avvien che tal or stanco s'involi,
lieto il piè move, ov'in gentil maniere 435
erge su 'l nobil Pincio auguste moli;
e, in mirando d'ingegno opere altere,
par che ne' sguardi suoi l'alma consoli,
che, per far di que' sguardi amiche prede,
l'arte ne' scherzi sé medesma eccede. 440

E forse, per raccor del mio gran Fonte
i novelli cristalli, ivi cred'io
Scipio su 'l dorso del superbo monte
i trionfi prepara al venir mio.
Vanne dunque, o mia linfa, ove co 'l ponte 445
il gran Sisto a l'Etruria il Lazio unio,
e tra chiusi d'umor canai profondi
un novo Tebro sovr'il Tebro inondi.

Poi risorgendo in suon, ch'emuli i tuoni,
ti spanderai fuor d'alta conca in laghi: 450
qui l'onda vibreran fieri leoni,
l'acqua saetteranno orridi draghi,
ma formando tra lor vaghe tenzoni,
sì che la pugna i riguardanti appaghi,
avventeran con placide vendette 455
umidi assalitor molli saette.

D'argenteo suon chiarissimo concento
formi tra spume argentee argentea l'onda,
ond'ogni un creda che rimira intento
entro l'ampia del vaso adorna sponda; 460
che, qual in pioggia d'oro, ora d'argento
ivi Giove sé stesso a noi diffonda,
e ne la ferrea età con novi onori
il secolo d'argento ivi s'adori.

Indi, al costo del suol nel grembo interno, 465
il fenderai con sotterranei fiumi;
poi, risorgendo de l'invidia a scherno
a riveder del cielo i puri lumi,
lascierai mille del mio nome eterno
sparse memorie in umidi volumi. 470
E le lingue, ond'al suol imprimi i baci,
fien de le glorie mie lingue loquaci.

E, se con cento bocche i guardi sui
spande vaga d'onor la fama intorno,
mille bocche, ond'umor diffondi altrui, 475
fama a te recheran de gli anni a scorno.
Indi lieta n'andrai de' pregi tui
là, 've di regie moli è 'l Pincio adorno,
ove con opra altera a l'età nostra
Scipio l'ottava meraviglia mostra. 480

Ivi gli orti più rari, e pellegrini,
orto sì ameno a paragon disfida,
onde vinta omai Tempe a lui s'inchini,
che mille Tempe in una Tempe annida.
De l'Esperidi i prati, ed i giardini 485
deliziosi de la Maga Armida,
e d'Alcinoo le favolose piante
son picciole sembianze a quel sembiante.

Così 'l giardin ne le sue pompe eterno
mai né rigida brina, o neve imbianchi, 490
ivi non imperversi orrido il verno,
o l'aura mai di vaneggiar si stanchi;
ma risieda pomposa a quel governo
primavera gentil, ch'unqua non manchi,
e di Scipio, e di Paolo i degni onori 495
mirin con occhi eterni eterni i fiori.

Ma (folle!) dov'aspiro, e che ragiono,
e sovra ogni mio merto ergo il desio?
Giunger vanti al giardin non puo 'l mio dono,
ed è scarso tributo il tesor mio. 500
Ah, che troppo di glorie avido sono,
né sì eccelsi trofei vantar poss'io;
solo ogni linfa mia nel pian soggiorni,
e di moli per me Roma s'adorni.

Così s'odan ne' liquidi miei calli 505
cinte le Ninfe mie di verdi fregi,
formando in giro industriosi balli,
dir di Paolo gli onor, di Scipio i pregi.
E sien in questi accenti eco le valli:
l'un de' Monarchi è onor, l'altro è de' Regi». 510
Sì disse. E giunto del gran Tebro a l'acque,
gorgogliando tuffossi, e qui si tacque.

Descrizione

Il poemetto di Tronsarelli intitolato all'acquedotto Alsietino ha sullo sfondo la realizzazione di una delle più importanti opere di ingegneria urbana ("d'alta industria", v. 80) promosse da papa Paolo V (al secolo Camillo Borghese: v. 1): il restauro del suddetto acquedotto e la costruzione della celebre fontana dell'Acqua Paola, oggi più nota come "Fontanone del Gianicolo", al culmine di esso (1610-1614). Costruito per volere dell'imperatore Augusto nel 2 a. C., e poi rimasto quasi inutilizzato già in epoca tardo-imperiale, il "Fonte" venne implementato da Paolo V come primo intervento di rilievo pubblico del suo pontificato. Le alterne vicende dell'acquedotto Alsietino, nel poemetto di Tronsarelli, vengono narrate dalla voce del "Nume" tutelare della stessa fonte: a partire dalla terza ottava, e fino al verso 62, dall'"antro" del "Rio" Tevere il dio Alsietino fa rimbombare il suo lamento per il degrado seguito ai fasti dell'epoca imperiale, e si duole della sua condizione di "essiglio": desidera ardentemente tornare a rifornire d'acqua i colli romani, ma ora non può che piangere lo stato di abbandono in cui versa. Improvvisamente (vv. 79-80), però, il Nume si accorge del restauro di Paolo V, e loda i nuovi archi dell'acquedotto; la grande felicità del Nume si propaga nella natura circostante, che rinvigorisce. Anche il fiume Tevere si rallegra del restauro e della sua rinnovata funzione (vv. 121-160), attraverso un paragone con il Po (su cui rivendica la superiorità) e una lunga lode classicheggiante a Paolo V, definito "miglior Augusto" dell'imperatore romano, novello "Camillo" (con riferimento al celebre pater patriae della Roma repubblicana) devoto come gli antichi Romani a Cibele, dea della Terra e dell'agricoltura, e paragonato infine a San Pietro, primo pontefice della Chiesa (vv. 153-160). Il poemetto prosegue con una descrizione amena del percorso dell'acqua che giunge a Roma (vv. 211-216), città eterna venerata dallo stesso fonte Alsietino. La porta della città si trova sul colle sacro a Giano (il Gianicolo), dove Paolo V ha eretto la Fontana dell'Acqua Paola come termine dell'acquedotto: il poemetto celebra la maestosità della fontana (vv. 257 e sgg.), che lascia stupite le stesse acque, e ne descrive le fattezze con un dettato ricco di riferimenti classici. Si menzionano lo "stelo" (v. 265) che la sovrasta (cioè la grande Croce posta in alto), le decorazioni fatte di draghi e aquile, simboli araldici della famiglia Borghese (con enfasi sull'aquila in particolare, già "insegna" del potere di Roma, v. 275), i due angeli ("Amori") che sorreggono lo stemma di Paolo V, le due aquile scultoree poste negli archi laterali (v. 313), le sei colonne (v. 338), quattro di granito rosso e due bianche, che creano cinque archi sulla facciata (v. 353), i capitelli, i due draghi ai lati dove sgorga l'acqua. La descrizione culmina con l'omaggio del dio del Fonte, che prende di nuovo la parola (v. 385) rivolgendosi a papa Paolo V e sottolineando come le sue opere siano le più imponenti e maestose di cui Roma abbia mai beneficiato. Come una fenice dalle ceneri, la Roma antica rinasce grazie a Paolo V: se Colombo scopre nuovi mondi, Paolo V lo supera, in quanto ne crea di nuovi (v. 416). La lode a Paolo V diviene poi occasione per celebrare anche il "nipote", il cardinale Scipione Borghese Caffarelli, che emula le gesta dello zio rinnovando anch'egli i fasti dell'antica Roma (vv. 417 e sgg.). La prodigiosa coppia regge e dà lustro al Vaticano, e rende Roma grande con le maestose opere d'arte promosse: si ricordano le "moli" volute da Scipione sul Pincio, con ampio riferimento ai vari lavori di ampliamento di Villa Borghese promossi dal cardinale (v. 436). Continuando il suo monologo (che termina al v. 510), il Nume del Fonte Alsietino si augura che le sue acque possano passare il Ponte Sisto e raggiungere anche il Pincio, per ammirare le crescenti bellezze di quei giardini e di quelle fontane, supervisionati da Scipione. Al termine del poemetto il Nume tace, rimproverandosi di eccessiva superbia per aver pensato di accrescere le sue glorie anche abbellendo i giardini di Scipione.


Opere d'arte


Libro
Tronsarelli, Rime 1627
Tronsarelli, Ottavio, Rime, In Roma per Francesco Corbelletti l'Anno. M.D.C.XXVII. Lucas Cia. F.
Sezione
Ottave di Ottavio Tronsarelli. Parte quarta
Pagina
pp. 303-324
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Metro
ottava (64 stanze, 512 versi)

Categorie
miti pagani; storia antica; soggetti naturali; descrizione edificio
Soggetti
accento; Acqua Paola; acque; acquedotto; Adone; Alcide; Alcinoo; alno; anfiteatro; Annibale; Apollo; aqua augusta; aquila; archi; arcobaleno; argenteo; argento; Armida; armonia; arte; Atlante; Augusto; Austro; bianco; bocche; Calpe; Camilli; Camillo; Camillo Borghese; capitelli; ceneri; Cibele; cipresso; Colco; colli; colonna; colonne; colori; concento; cristalli; Cristoforo Colombo; croco; Delfi; Delo; draghi; Eolo; erbe; Esperidi; eterno; fenice; fiume Po; fiume Tevere; Flegra; fontana; Fontanone del Gianicolo; fonte; fonte Alsietino; Giano; Giganti; Giove; glorie; immagini; impietrare; impresa; industria; insegna; Iride; lago; Latini; lembo; lingua; magione; mirto; mole; nave; Ninfe; nipote; nocchiero; Nume; oro; ostro; Pantheon; Papa Paolo V; papa Sisto IV; Pincio; pino; Pirro; pompe; Ponte Sisto; Proteo; Roma; rosa; rosso; rubino; scalpello; Scipione; Scipione Borghese; selve; Sisto; squame; stelle; stemma; Tarquinio; teatro; Tebro; Tempe; toga; trave; trionfar; urna; valli; Vaticano; Vello d'or; Venere; Venere e Adone; verde; Villa Borghese; viti; vivace; zio

Nomi collegati

Responsabilità della scheda: Martina Milione, Marianna Liguori | Ultima modifica: 3 maggio 2024