Cruda man non rapio
Autore: Bruni, Antonio
Per uno Amore che dormiva; pittura rubata al museo del signor Cesare Rinaldi
Cruda man non rapio
il maggior degli Amori,
l'arcier di Gnido, il sagittario dio
de' più superbi cori;
anzi egli vivo in viva tela espresso 5
su le proprie ali d'or rapì sé stesso.
Né stupir perché il lino,
ove steso nel suolo
l'avvivò non uman pennel divino,
non sia ritegno al volo: 10
perché sempre ei volò, fabro di frodi,
col lin de la sua benda e de' suoi nodi.
Sonno grato, non grave
godea su la faretra
al bel susurro, al mormorio soave 15
de l'eburnea tua cetra;
assai più che di zefiro amoroso
a i molli vezzi, al lascivir vezzoso.
Eran suoi pregi e palme
aprir, con man nocente, 20
fiamme a' cor, cori a piaghe e piaghe ad alme;
benché a terra giacente,
de' be' lumi le faci in su le piume
scaltro sopia, non de la face il lume.
Se non godeva, almeno 25
de la sua Psiche amata
sognava il roseo labro, il latteo seno,
con larva innamorata;
e scoccava tra imagini mendaci
non infinto lo stral, non falsi i baci. 30
Del tuo nobil museo
vide le glorie e i vanti.
Benché cieco degli occhi, occhio linceo
apre pur fra gli amanti.
Se nel sonno è sepolto il nudo arciero, 35
non è sepolto il cor, vegghia il pensiero.
Vide colà furtivo,
quasi in sacro soggiorno,
fiorir l'alloro e verdeggiar l'ulivo
a la tua fronte intorno, 40
e che l'asta a la mano, il plettro al collo
dona a te quinci Palla e quindi Apollo.
Per l'aure si dilegua,
però, con l'aurea face.
L'aria divora e con le penne adegua 45
il balen più fugace.
De l'olivo ei provò caldo il licore:
quinci, mentre il rammenta, il fugge Amore.
O pure Amor sen' fugge
perché quivi ancor vede 50
ch'arde di sdegno e di desio si strugge
la bella dea che 'l chiede,
e che mostra ove Amor fere e non scherza,
la rampogna su 'l labro, in man la sferza?
O vien che quindi affretti 55
ei la fuga sonora,
perché frode ivi al Tempo e pace a i petti
ordisce alma canora;
né mirar puote ove lui scorno innostri,
s'ei fa 'l pianto versar, versar gl'inchiostri? 60
O grave d'astio e d'ira
fugge, per l'aria, errante,
perché tarpato e spennacchiato ei mira
l'omero suo volante,
là 've a i gioghi di Pindo il cor s'impenna, 65
e vola a par del sol musica penna?
Ma se vuoi che Cupido,
Cesare, a te pur rieda
di Citera dal mar, dal patrio lido,
perch'altri alfin s'aveda 70
che, se giace lo stral, libero è 'l segno,
che, dove dorme Amor, vecchia lo 'ngegno,
sol con semplice stile
schietta beltà figura,
non d'un crin finte anella, oro sottile, 75
larve de la natura:
né l'industria e né l'oro Amor conforme
si merca, e pure Amor non vive o dorme.
Idol del vulgo è l'oro,
degli amanti un bel volto; 80
vive a mal prezioso, a van tesoro
chi ne l'oro è sepolto;
sol s'abbaglia chi ama a i rai d'un riso,
sol de l'oro il pallor porta nel viso.
Con numerose note, 85
lira a gli amori avezza,
spieghi gigli in un sen, rose in due gote
de l'amata bellezza,
perché verace Amor dorme e riposa,
ove sol ride il giglio, arde la rosa. 90
Descrizione
Il componimento si riferisce ad una pittura rubata dalla quadreria del poeta Cesare Rinaldi, parte del suo famoso museo, nella quale era conservata. Protagonista dell'opera era Amore dormiente: addormentato sulla sua faretra al suono dei dolci carmi di Rinaldi, egli era immerso nel dolce sogno della sua amata Psiche, ardentemente desiderata. Bruni ipotizza dunque che il quadro non sia stato rubato, quanto piuttosto che sia stato Amore stesso, dipinto in maniera tanto eccellente da sembrare vivo, a fuggire sulle sue ali, ipotizzandone con procedimento dilemmatico le ragioni, riportabili appunto all'eccellenza poetica di Rinaldi. Forse, scrive Bruni, è fuggito perché ha visto Rinaldi coronato di alloro e di ulivo: il ricordo dell'olio bollente (con riferimento al momento in cui Psiche lo spiò, scottandolo con una goccia dell'olio della lucerna) lo ha fatto di nuovo fuggire. Forse, invece, le poesie di Rinaldi gli hanno ricordato Venere, che lo rimprovera e lo sferza (una scena che apre, per esempio, l'"Adone" di Giovan Battista Marino); o forse è volato via perché ha visto che la poesia di Rinaldi ("alma canora") provocava il pianto e faceva guerra al Tempo, compiti di solito riservati ad Amore. O forse è fuggito perché ha visto le sue ali spennate, perché la penna di Rinaldi vola in alto sul Parnaso? Se Rinaldi vuole che Amore torni, deve figurare con la poesia una semplice, schietta bellezza, lontana dalle ricchezze e dagli artifici femminili: infatti, Amore dorme e riposa solo tra i gigli e le rose (cioè i naturali colori del volto di una donna).
Opera d'arte
Collegamento congetturale
Si collega per via congetturale un Amore dormiente di Guido Reni, pittore favorito di Cesare Rinaldi. Dal momento che Daniele Benati e Lucia Peruzzi ipotizzano si tratti di una versione che l'artista bolognese avrebbe tentato senza successo di vendere al Duca di Modena nel 1627, non è da escludere che possa essere in seguito entrato nella collezione del Rinaldi, e da questa infine trafugato nel 1633.
- Libro
-
Bruni, Veneri 1633
Bruni, Antonio, Le Veneri poesie, In Roma, appresso Giacomo Mascardi, MDCXXXIII.
- Sezione
- Delle Veneri la Terrena, poesie.
- Pagina
- pp. 264-269
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- Metro
- canzone (15 stanze, 90 versi)
- Schema
- abAbCC
- Note metriche
- La definizione di 'canzone' è data dall'autore stesso a p. 264
- Categorie
- paragone tra le arti; iconografia profana; miti pagani
- Soggetti
- alloro; Apollo; arte e natura; benda; canoro; cetra; divino; esprimere; figurare; lino; lira; Minerva; museo; musico; note; oro; penna; pennello; plettro; Psiche; sonoro; stile; tela; ulivo; Venere; vivo; volto
- Nomi collegati
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Rinaldi, Cesare
(possessore dell'opera)
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Rinaldi, Cesare