Qual tu sii, che me guardi
Autore: Comanini, Gregorio
Il Vertunno dell'Arcimboldo. Componimento del reverendo don Gregorio Comanini mantovano, canonico regolare lateranense
Qual tu sii, che me guardi,
strana e difforme imago,
e 'l riso hai su le labbra,
che lampeggia per gli occhi
e tutto 'l volto imprime 5
di novella allegrezza,
al veder novo mostro
che Vertunno chiamaro
i laureati amici
del biondo e vago Apollo. 10
Se 'n mirar non ammiri
quel brutto, ond'io son bello,
ben non sai qual bruttezza
avanzi ogni bellezza.
Vario son da me stesso 15
e, pur sì vario, un solo
sono e di varie cose
col mio vario sembiante
la sembianza ritraggo.
Ma fa' severo il ciglio, 20
e 'n sé medesmo accolto
porgi attento l’orecchio,
perch'ivi affidar possa
di nov'arte un secreto.
Tempo fu che confuso 25
era in sé stesso il mondo,
però che 'l ciel col foco
e 'l foco e 'l ciel con l'aria
eran mischiati e l'onda
con l'aria e con la terra 30
e col foco e col cielo;
e senz'ordine il tutto
stavasi informe e brutto.
Ma 'l sommo eterno Giove
poscia librò su l'acque 35
la terra e l'aria stese
sovra l'onda e la terra
e sovra l'aria il puro,
lieve, invisibil foco;
l'un da l'altro pendenti 40
e 'ntralciati e distretti
con l'umido e col secco
e col caldo e col freddo,
quasi con quattro anella
che più gemme in monile 45
stringon con forte laccio.
Sortìo più nobil seggio
il ciel de gli elementi,
il ciel che lor sovrasta
e tutti in grembo accoglie. 50
Così, quasi animale
vivace, altier, perfetto,
uscì da la confusa
vasta mole ondeggiante,
come fuor di matrice 55
gravida e 'n sé feconda,
parto leggiadro, il mondo,
di cui l'occhiuto volto
è lo stellante Olimpo
e 'l petto l'aria e 'l ventre 60
la terra, e i piè gli abissi
e l'alma, che riscalda
il gran corpo et aviva
e gli dà polso il foco
e vesta i frutti e l'erba, 65
ch'ad altr'uso ancor serba.
Or tu, che pensi ch’abbia
l'ingegnoso Arcimboldo
nel me formar qui fatto
col suo pennel, ch'avanza 70
quel del gran Zeusi e quello
di chi gli fé l'inganno
del sottil vel dipinto
nel certame di gloria?
Felice emulo ardito 75
del gran Giove egli è stato,
che, scegliendo dai campi
mille fior, mille frutti
dove n'avea Natura,
fatto un lieto miscuglio, 80
di quei contesto un cinto,
membra di questi ha finto.
Mira ciò che le tempie
mi cinge, orna e colora:
pungenti spiche acute 85
che 'l polveroso Luglio
matura, indora e coce
e 'l mietitor, col pugno
chiuso da la sinistra,
porge al ricurvo ferro 90
onde armata è la destra
che le tronca e succide;
cime cadenti e gravi
d'aureo minuto miglio,
grato al pastore alpino, 95
ch'a sua consorte, a i figli
dolce e schietta vivanda
entro capanna umile
n'assoda intorno al foco;
uve pendenti e molli 100
che, col pennello errante
de' caldi raggi, il Sole
pinge in vermiglio e 'n giallo,
e 'l mese di Lieo
spicca di braccio a l'olmo. 105
Vedrai che questo invoglio,
onde carca è la fronte,
alto, ritondo e gonfio,
me simil rende al Trace,
che lunga benda attorce 110
e 'n mille giri avolge
intorno al capo, e spira
terror, furor, sdegn', ira.
Mira 'l pepone estivo
che, quando il can celeste 115
latra e i caldi ruggiti
fa 'l Leone infiammato
dal ciel sentir nel mondo,
o 'n ricco albergo o 'n speco,
o presso fonte o rio, 120
l'arse fauci rinfresca,
umido e saporoso,
a regi et a bifolchi,
a cacciatrici ninfe,
a languenti guerrieri. 125
Vedilo che, rugoso
et aspro ne la scorza,
ruvida fa mia fronte,
ne la qual io rassembro
rozo, alpestre aratore, 130
cui verso il freddo polo
nutre 'l terren boemo
tra 'l sasso e 'l bosco e 'l ghiaccio,
sgrignuto e di figura
strana e di labbia oscura. 135
Mira il pomo e la pesca,
che tondi e rossi e vivi
fan l'una guancia e l'altra;
pon mente insieme a gli occhi,
de' quali l'uno è ciregia, 140
l'altro vermiglia gelsa.
Non dirai ch'io nel viso,
se non sembro Narciso,
del vivo almen somiglio
german giulivo e forte, 145
cui per gli occhi e pe'l volto
la virtute e la forza
spunti de la vendemmia,
che col drappel ridente
de gli amati consorti 150
in lieto prandio bebbe,
fin che 'l nappo vuot'ebbe?
Mira le due nocciuole,
che con la verde buccia
quinci e quindi su 'l labbro 155
son distese e cadendo
fan lucignolo doppio
di bipartita barba,
a la qual ben risponde
spinosa, ispida scorza 160
di castagna, ch'al mento
s'affigge e 'l rimanente
del virile ornamento
a meraviglia compie.
Or qual leggiadro Ispano 165
ha così ben composta
del suo volto la lana,
che lunga, acuta e stretta
spesso con le sue dita
lusinga, accoglie e piega 170
e ver' le ciglia inalza,
che con la mia paraggio
ardisca farne e prova?
Con la mia così nova?
Mira ancor questo fico, 175
che maturo et aperto
scende a l'orecchio appeso;
e dirai ch'io mi sono
un gentil francesetto,
che 'n su le sponde a Senna 180
di ben lucida perla
porti grave l'estrema
punta d'una sua orecchia
e, vezzoso qual fiore,
spiri grazia et amore. 185
Mira al fin questo cinto
(ch'io vuo' tacer de l'altre
membra robuste e belle),
cinto di varii fiori,
quasi di gemme adorno, 190
che da l'omero destro
cade e ricinge il petto,
che me del fiero Marte
fiero seguace e forte
stimerai, che del duce 195
a la spiegata insegna
per le periglios'orme
porti color conforme.
Ma quello ond'io mi pregio
via più che d'altro e godo 200
e superbo al ciel m'ergo
è ch'io quasi un Sileno
del giovinetto greco
tanto al buon vecchio caro
ch'onorò 'l divin Plato 205
son, che fuor sembro un mostro
e dentro alte e celesti
e dive, alme sembianze
e regia immago ascondo.
Dimmi tu, se t'aggrada 210
di veder quant'io celo,
ch'or or ne tolgo il velo.
Sacro, invitto, felice, eccelso, augusto
e pio Rodolfo, onor de l'Austria e gloria
del German bellicoso, a cui devoto 215
s'inchina 'l mondo e nel cui petto han seggio
quante pria da la terra ivano in bando
virtù, de l'aureo manto onde se' grave,
degne e del trono ove sì grande imperi,
te rassembr'io, te figur'io, te segno. 220
Io, che de' frutti, cui primier dipinge
l'anno ancora fanciullo, indi crescente,
e che maturo et alfin vecchio e stanco,
quando per nevi incanutisce e langue,
e per rinascer muore, altrui conserva, 225
le varie forme in un ridotte accolgo.
Sì come tu, quanto giamai puot'uomo,
o ne l'età che molle scherza o 'n quella
che più sfavilla et arde, aver d'altero,
pargoletto gentil, giovine ardito 230
nel tuo sen possedesti; indi poi, giunto
a gli anni onde la mente è più feconda
di valore e di senno, or tanta copia
scopri di gloriosi, accesi spirti
e, sotto bionda chioma, i più canuti 235
pensier nutrisci e i più sublimi e saggi;
perché nulla riman, ch'altri 'n te brami
d'ornamento d'eroe, di forza d'arme.
Degno, o degno se' tu, che col silenzio,
via più che con la lingua, altri t'onori: 240
ch'ammirar sacra cosa è più sicuro
assai, che 'l dirne balbettando il manco
e 'l celarla a' profani è buon consiglio.
Però qual dotto egizzio ha, sotto 'l velo
di sì bei frutti, il tuo divin coperto 245
l'Arcimboldo, il più fido, il miglior servo
ch'al tuo diadema il cor sacrasse e l'opra.
Tu non sdegnar che picciol cosa ammanti
tua virtute infinita in breve legno;
ch'anche Dio si compiacque, all'or che 'l parto 250
produr volse del mondo, che le cose
di più minuta forma a l'uom la grande
sua mirabil potenza assai più chiaro
additassen de l'alte e de l'immense.
Or vanne, o spettatore, 255
ché 'n pochi carmi ho detto
quel ch'io son, quanto adombro;
vanne e nel tuo partire,
s'alma nel petto porti
nobile e pellegrina, 260
canta 'l pittore e 'l gran Ridolfo inchina.
Descrizione
Il poeta Gregorio Comanini (1550-1608) dà la parola al dipinto di Vertunno (realizzato da Arcimboldo nel 1591 su commissione dell'imperatore Rodolfo II d'Asburgo), dio delle stagioni. Fin dai primi versi Vertunno presenta sé stesso come una creatura deforme e straordinaria (v. 7: «novo mostro») e, ai vv. 11-24, dichiara di essere formato da vari elementi e allo stesso tempo di essere un'unica entità (vv. 15-17: «Vario son da me stesso / e, pur sì vario, un solo / sono»). I vv. 25-82 sono invece dedicati alla lode del pittore Arcimboldo, che - così come Giove da una massa informe di elementi ha creato il mondo - con un'arte quasi divina ha riordinato le varie parti nel volto di Vertunno: spighe, pesche, ciliegie, nocciole e altri elementi naturali vanno a formare le varie parti del suo viso. Ne consegue che il pittore milanese può ben considerarsi un «felice emulo» di Giove (v. 75). Dal v. 83 in poi si invita il lettore ad ammirare tutti gli elementi di cui è composto il volto del dio (si noti a questo proposito l'anafora «Mira», che attraversa oltre cento versi); tuttavia, è una caratteristica di cui Vertunno più si compiace: il fatto di nascondere, dietro la veste allegorica, niente meno che il ritratto dell'imperatore d'Austria, a cui sono dedicati tutti gli endecasillabi successivi (vv. 213-254), con un notevole stacco dal punto di vista metrico. Nei versi finali ci si rivolge invece allo spettatore del quadro, il quale viene invitato a lodare l'Arcimboldo e ad onorare Rodolfo II.
Opere d'arte
La categoria più rappresentativa della produzione grafica di Giuseppe Arcimboldo è certamente quella del ritratto allegorico, fondato sulla resa delle fisionomie attraverso la composizione di elementi naturali o oggetti di uso quotidiano, spesso scherzosamente allusivi all'attività professionale o alle qualità morali del soggetto. Tale tipologia figurativa era applicata dall'artista tanto all'immagine di personaggi illustri, quali il Rodolfo II-Vertunno elogiato dal testo, quanto all'immagine di sè, come testimonia il disegno come "Uomo di lettere" risalente al 1587 e conservato presso i Musei di Strada Nuova a Genova.
Bibliografia
-
Berra, Giacomo, L'Arcimboldo "c’huom forma d’ogni cosa": capricci pittorici, elogi letterari e scherzi poetici nella Milano di fine Cinquecento, in AA.VV., Arcimboldo. Artista milanese tra Leonardo e Caravaggio, Ferino-Padgen, Sylvia, Milano, SKIRA, 2011, pp. 283-313
(pp. 294 e 304)
- Libro
-
Gherardini 1591
All'Invittissimo CESARE RODOLFO SECONDO. Componimenti sopra li due quadri Flora et Vertunno, fatti a Sua Sac. Ces. Maestà da Giuseppe Arcimboldo Milanese, In Milano, appresso Paolo Gottardo Pontio, 1591
- Pagina
- cc. 3r-8r
- Metro
- settenari ed endecasillabi liberamente rimati (261 versi)
- Categorie
- encomio d'artista; ritratti; miti pagani; soggetti naturali
- Soggetti
- ammirare; Apollo; colorare; colore; Dio; dipingere; dipinto; figurare; fiore; Giove; Giuseppe Arcimboldo; guardare; imago; Marte; meraviglia; mirare; Narciso; Natura; Olimpo; ornare; pennello; Platone; rassembrare; ritrarre; ritratto; Rodolfo II d'Asburgo; sembiante; sembianza; Senna; Sileno; somigliare; vedere; Vertunno; Zeusi
- Nomi collegati
-
-
Rodolfo II d'Asburgo
(personaggio citato e committente dell'opera) -
Platone
(personaggio citato) -
Zeusi
(personaggio citato)
-
Rodolfo II d'Asburgo